La riforma del lavoro è legge: ECCO LE NOVITA'

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    Ddl lavoro, la Camera dà il via libera definitivo
    La riforma Fornero diventa legge con 393 sì


    Il testo, già approvato dal Senato, incassa l'ok dell'Aula di Montecitorio. Contrari 74 deputati. Ue: "Passo chiave per l'occupazione"



    19:45 - L'Aula della Camera ha approvato in via definitiva il ddl di riforma del mercato del lavoro, con 393 voti favorevoli, 74 contrari e 46 astenuti. La riforma Fornero, già approvata dal Senato, diventa così legge. Ieri alla Camera il governo aveva incassato la fiducia sull'articolo 18 e sulla riforma dei contratti. Oggi la terza e la quarta fiducia al disegno di legge.
    Il terzo articolo della riforma del lavoro è passato con 447 voti favorevoli, 76 contrari e 27 astenuti. Le precedenti fiducie erano già state votate ieri dalla Camera, la prima sull'articolo 18 e la seconda sui nuovi contratti. A favore nella prima votazione 456 deputati, 77 i contrari, 19 gli astenuti. Nel secondo voto i deputati a favore sono stati 430, 74 i contrari, 11 gli astenuti. Nella quarta, e ultima, hanno votato a favore in 438, contro 75 e 28 gli astenuti.

    Sul voto del disegno di legge sul lavoro si giocava una partita molto importante: il premier Mario Monti aveva infatti insistito molto sulla necessità che la riforma venisse approvata prima del vertice europeo del 28 e 29 giugno per dimostrare ai partner Ue che l'Italia è sulla strada giusta per quanto riguarda le riforme strutturali. Quelle stesse riforme sulle quali la Germania non intende transigere. Proprio a questo proposito, il presidente del Consiglio italiano ha annunciato l'intenzione di scrivere immediatamente, dopo l'approvazione della riforma, al presidente del Consiglio europeo comunicando l'importante passo in avanti del nostro Paese.

    Cosa prevede la riforma
    Il provvedimento, identico a quello licenziato dal Senato attraverso emendamenti bipartisan, punta nelle intenzioni del governo a creare un mercato meno ingessato, proteggendo il lavoratore e non il posto di lavoro e creando un nuovo sistema di ammortizzatori sociali più esteso. La novità che ha fatto più scalpore è stato l'indebolimento dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori aprendo alla possibilità di licenziamenti individuali per ragioni economiche, seppur con un eventuale diritto al reintegro. Inizialmente il governo aveva previsto solo l'indennizzo ma lo scudo di sindacati e Pd lo ha fatto tornare sui suoi passi.

    Sui contratti, la riforma prevede per quelli a termine un aggravio di contributi per le imprese e una riduzione degli intervalli tra un contratto e l'altro. L'apprendistato è favorito ma a patto che l'azienda mostri di aver stabilizzato almeno il 30% dei prcedenti apprendisti. Altra novità è il nuovo sistema di ammortizzatori (Aspi) esteso anche ad apprendisti e artisti dipendenti.

    Ue: "La riforma è un passo chiave per l'occupazione"
    La riforma del lavoro "è un passo chiave per sostenere l'occupazione e creare opportunità di lavoro per i giovani": così il commissario Ue al Lavoro, Laszlo Andor promuove la riforma approvata in Italia.



    Gaffe della Fornero con la stampa Usa
    "Il lavoro? Non è un diritto, va guadagnato"
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    Dichiarazione al Wall Street Journal. Poi le polemiche e la smentita: "Parlavo del posto di lavoro"


    16:02 - Gaffe del ministro del Lavoro, Elsa Fornero, che in un'intervista al quotidiano statunitense Wall Street Journal ha dichiarato che "il lavoro non è un diritto". "L'attitudine della gente deve cambiare - ha detto -, il lavoro va guadagnato, anche con il sacrificio, non è un diritto". Repentina la smentita del suo entourage: "Il diritto al lavoro è riconosciuto dalla Costituzione, il ministro parlava del posto di lavoro".
    "Il diritto al lavoro non può essere messo in discusione perché è riconosciuto dalla Costituzione", precisano ambienti vicini al ministro. La Fornero, spiegano, nel suo intervento al quotidiano statunitense ha voluto dire che il posto di lavoro non è un diritto: con la riforma, ha spiegato infatti, "stiamo cercando di proteggere le persone non i loro posti".

    FONTE www.tgcom24.mediaset.it/

     
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    La riforma del lavoro è legge. Tutte le nuove misure



    Cambia, dopo oltre 40 anni, l'articolo 18 (lo Statuto dei lavoratori è datato 1970), con la limitazione nei licenziamenti illegittimi per motivi economici della reintegrazione nel posto di lavoro. Che d'ora in avanti non sarà più automatica. Ma potrà essere accordata (al posto del riconoscimento di un'indennità risarcitoria compresa tra le 12 e le 24 mensilità) solo nelle ipotesi in cui il giudice accerti la «manifesta insussistenza» del fatto posto alla base dell'atto di recesso.


    È questa, politicamente e simbolicamente, la modifica principale introdotta dalla riforma del lavoro targata Elsa Fornero, approvata ieri definitivamente dalla Camera, e che il premier, Mario Monti, potrà far valere oggi a Bruxelles davanti agli altri leader europei, dopo i ripetuti richiami all'Italia, anche da parte della Bce ad agosto 2011, a modificare le regole del nostro mercato del lavoro, compresa la flessibilità in uscita.
    Nel corso dell'esame parlamentare (il provvedimento è stato varato dal Consiglio dei ministri il 23 marzo) è stata attenuata anche la discrezionalità del giudice nello stabilire il reintegro del lavoratore nel caso di licenziamento disciplinare illegittimo. Con l'eventuale ritorno in azienda del dipendente che potrà essere stabilito solo in base alle "tipizzazioni" previste nei contratti collettivi e nei codici disciplinari (e non più quindi in base alle previsioni di legge). Resta sempre nullo, invece, il licenziamento discriminatorio, intimato per esempio per ragioni di credo politico, fede religiosa o attività sindacale. Mentre prima di procedere a un licenziamento per motivi economici bisognerà esperire (in via obbligatoria) il tentativo di conciliazione che, dopo una correzione al Senato, non potrà più essere invalidato (e con esso l'atto di recesso) da una finta malattia del lavoratore. Uniche eccezioni ammesse: maternità o infortunio sul lavoro.



    La riforma del lavoro: flessibilità in entrate e uscita


    Riforma del lavoro, un equilibrio tradito (di Alberto Orioli)



    La riforma Fornero interviene pure sugli ammortizzatori sociali, puntando ad avvicinare sia pur timidissimamente l'Italia al sistema di "flexecurity" vigente in Danimarca, dove è tutelato in via diretta il lavoratore, e non il posto di lavoro. Nel 2013 (e se non ci saranno ulteriori slittamenti) arriverà l'Aspi, la nuova Assicurazione sociale per l'impiego, che sostituirà a regime, nel 2017, l'indennità di mobilità e quella di disoccupazione. Ne potranno usufruire oltre ai lavoratori dipendenti anche gli apprendisti e gli artisti; e sarà possibile trasformare l'Aspi in liquidazione per poter avviare un'impresa. Per chi non è tutelato dall'Aspi, ci sarà la mini-Aspi. Mentre se il lavoratore rifiuta un impiego con una retribuzione superiore almeno del 20% rispetto all'indennità che percepisce perderà il sussidio.


    La cassa integrazione ordinaria (Cigo) non subirà modifiche, mentre quella straordinaria (Cigs) sarà interessata da un doppio intervento. Da un lato, questo ammortizzatore viene portato a regime in alcuni settori già interessati (attraverso norme transitorie), come le imprese commerciali e di viaggio con più di 50 dipendenti e le imprese del trasporto aereo e del sistema aeroportuale. La seconda modifica consiste invece nella soppressione della Cigs, a partire dal 1° gennaio 2016, nei casi di fallimento dell'impresa, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria, omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni e nelle ipotesi di aziende sottoposte a sequestro o confisca.


    Nel mirino delle nuove norme c'è anche il capitolo sulla flessibilità in entrata, con il contratto a tempo determinato che costerà di più (è previsto un contributo addizionale dell'1,4% che servirà a finanziare l'Aspi) e sale a un anno la durata del primo contratto a termine senza specifica del c.d. "causalone". Per i collaboratori a progetto (nel 2010, secondo l'Isfol, erano 676mila con un reddito medio annuo inferiore ai 10mila euro - poco più di 800 euro al mese) arriverà una sorta di "salario base", mentre si allenta la stretta sulle partite Iva che si considerano "vere" se hanno un reddito lordo di almeno 18mila euro l'anno. Tutto ciò per favorire l'apprendistato: che dovrà diventare il canale d'ingresso principale al lavoro. Complessivamente la riforma Fornero peserà sulle casse dello Stato per circa 2,2 miliardi l'anno, a regime. Con una clausola di salvaguardia finanziaria: in caso di scostamenti di spesa il Tesoro provvederà a tagli lineari sulle spese rimodulabili.

    fonte www.ilsole24ore.com/
     
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